Anche se sono indubbiamente notevoli le differenze dovute alle mutate circostanze storico-ecclesiali nelle quali ci si trova ad operare, l’attività concertistica, didattica e liturgica accomuna il nostro Istituto a quella insigne istituzione che, passata la furia napoleonica, cessò di esistere.
Cenni di storia… a ritroso
La prima notizia circa l’esistenza di un Cappella musicale presso la Cattedrale di Asti la ricaviamo dal necrologio del Vescovo Scipione, deceduto il 10 agosto 1474, nel quale leggiamo: “Primus institutor Capellae puerorum cantantium istius ecclesiae; et qui fabricari et componi fecit organa, Iacet in Ecclesia prope altare S. Georgii”. Nei documenti troviamo anche la richiesta di preghiera il 4 ottobre 1513, quando morì tale Antonio Rogerius, ricordato come rettore e grande benefattore della Cappella, avendo lasciato ad essa una casa vicino alla chiesa e vari terreni a Mongardino. Dunque, agli inizi del ‘500 la Cappella godeva di un buon supporto economico che garantiva un’attività iniziata ormai da alcuni decenni. Non è poi da escludere che le sue basi fossero state gettate ben prima, anzi, ciò è molto probabile: già l’Usus secundum consuetudines ecclesie astensis, redatto dal presbitero Botegius nel 1302, accenna al Cantor, al Choro e ai Pueri cantori. Ma il primissimo cenno alla vita musicale del Duomo è contenuto nel titolo di Cantor, conferito ad un canonico al quale si affidava il compito di regolare i riti e i canti dell’Ufficio e della Messa: tra le più antiche carte dell’Archivio Capitolare, in un atto datato 23 luglio 1123 si menziona il canonico “Servodei presbiter et cantor”. Non dubitiamo, poi, che anche prima di questa data si cantasse nella liturgia: ne sono testimonianza gli antichissimi messali della Biblioteca del Seminario ed il Processionale dell’Archivio Capitolare, nei quali troviamo tratti di canto “in campo aperto” e quindi anteriori all’ XI secolo [1].
Periodo d’oro
Mentre nel ‘600 si avvicendarono molti Maestri di Cappella, nel ‘700 essi furono solo tre: Giacomo Casulano di Crema, Antonio Domenico Berruti di Portacomaro e Giacinto Calderara, casalese. Non vi è dubbio che fu proprio questo il periodo di maggior splendore per la “Capellae puerorum cantantium”, popolarmente denominata “Cappella dei Putti”. Quando nel 1749 morì Berruti, Maestro di Cappella dal 1736, il Capitolo si rivolse al giovane Giacinto Calderara, di 20 anni, nato a Casale il 12 marzo 1729. Fu il più celebre, longevo ma anche l’ultimo vero e proprio Maestro di Cappella, dirigendola per oltre 50 anni, fino al 1801. Per la liturgia della Cattedrale scrisse centinaia di composizioni, praticamente tutte per coro e orchestra: Messe, Salmi, Mottetti. Circa la metà dei manoscritti musicali custoditi nell’Archivio Capitolare sono composizioni del Calderara. Scrisse anche musica profana: ricordiamo qui il melodramma “Ricimero”, rappresentato per la prima volta a Torino nel 1756. Giacinto Calderara guidò una delle più importanti realtà orchestrali del Piemonte settecentesco. “La Cappella musicale fu una compagine di tutto rispetto: ricetto di un discreto numero di solisti d’innegabile valore e soggetto di un’elevata quanto apprezzabile dinamica interna” [2]. Alcuni virtuosi elementi della Cappella si dedicarono nel contempo all’attività didattica: “L’esistenza di una scuola d’archi ad Asti di elevatissimo livello artistico è ancora da approfondire ma gli esiti apparvero nel Sei-Settecento e sarebbero sufficienti i nomi di Gaetano Vaj, di Bartolomeo Mayna, di Giacomo Pitizza, di Antonio Kurtzweil, di Maurizio Calderara, di Luigi Lavarie, di Carlo Graziani, fra gli altri, per attestarla. Giovanni Battista Polledro nasce da questa scuola” [3]. Oltre a Maurizio Calderara, fratello del Maestro Giacinto, operò nella Cappella anche uno dei figli, Vincenzo: iniziato alla musica dal padre, si perfezionò a Napoli e nel 1794 fu nominato dal Capitolo Maestro di Cappella in aiuto al padre. Come indica il nome, la “Cappella dei Putti” era composta, oltre che da cantanti adulti, professionisti laici regolarmente stipendiati, anche da un certo numero di bambini. “I Pueri vivevano presso il Seminario e venivano istruiti nella musica e nel canto dallo stesso Maestro di Cappella, oppure da un cantore o strumentista eccellente” [4].
Il declino
A partire dal 1794 iniziò un lento declino a causa delle pesantissime spogliazioni subite dal Capitolo della Cattedrale per ordine di Vittorio Amedeo III prima, e da Carlo Emanuele IV poi. Quando arrivò l’anno 1800, Napoleone completò l’opera incamerando una consistente porzione di beni ecclesiastici. Il Capitolo, privato dei necessari mezzi economici, non potè far altro che sciogliere la Cappella. Alcuni musicisti e, primo fra tutti il Maestro, si offrirono per prestare il loro servizio gratuitamente nelle solennità, ma, in breve tempo tutto finì. Il giorno 5 aprile 1801, domenica di Pasqua, il cappellano Incisa scriveva: “Oggi si ebbe ancora la Musica alla Messa ed al Vespro, ma non vi sarà più dimani, né mai fintanto che si faccia altro contratto” [5]. Il Maestro Giacinto Calderara morì il 16 settembre 1803.
Can. Simone Unere
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[1] Giacinto Burroni, Cronistorie musicali della città di Asti, in “Rivista di Storia e Arte Archeologia per le provincie di Alessandria e Asti”, Alessandria, 1955.
[2] Paolo Cavallo, Sei violini, un violoncello, un organista: i virtuosi, gli strumenti e il pubblico della Cappella musicale della Cattedrale di Asti fra il 1750 e il 1800, in “Il Platano”, VII, Asti, 1982.
[3] Arturo Sacchetti, La creazione musicale nell’area astigiana nei secoli, in “Il Platano, II, 1997.
[4] Giuseppe Gai, La vita musicale astigiana nel Settecento, a carboncino, in “Il Platano”, 2007.
[5] Archivio Capitolare della Cattedrale di Asti, Verbali Capitolari 1792-1815, pag. 420.